Com’è fare l’Erasmus in Francia ai tempi della pandemia? L’esperienza cambia rispetto a quella di chi lo ha fatto ante-Covid? Vale ancora la pena farlo? Queste sono le domande che mi sarei fatta se fossi partita per l’Erasmus in questo periodo e dato che sono un po’ vecchia per (ri)fare l’Erasmus ho posto queste stesse domande a chi lo sta facendo, in modo da avere una testimonianza diretta.
Beatrice Ternetti, una studentessa universitaria iscritta alla magistrale in Language, Society and Communication a Bologna, ha gentilmente risposto alle mie (tante) domande su come sia fare l’Erasmus in Francia (nel suo caso) ai tempi del Covid, questa pandemia globale che ha cambiato il nostro modo di socializzare in primis e in generale di vivere.
Del perché vale la pena fare uno scambio Erasmus, ve ne avevo parlato qui.
Trovate Beatrice anche su Instagram, se volete passare a farle un saluto.
Ma ora bando alle ciance, lascio la parola a Beatrice che ci racconta la sua esperienza.
L’Erasmus in Francia ai tempi della pandemia
Intervista a Beatrice
Dove sei in Erasmus?
Mi trovo, da settembre, ad Amiens, una piccola cittadina nel nord della Francia.
Erasmus ai tempi della pandemia: coraggio o imprudenza?
Entrambi, direi. Per trovare il coraggio di partire non sapendo a cosa stessi andando incontro, mi ci è voluta una buona dose d’imprudenza. I miei genitori, fino al giorno prima della mia partenza, si sono mostrati incerti e piuttosto preoccupati, perché sapevano che, nel caso avessi contratto il virus, mi sarei trovata sola e lontana da casa. In ogni caso, è sufficiente stare attenti e rispettare le misure per contrastare il virus: indossare la mascherina, igienizzarsi le mani, evitare luoghi troppi affollati…
Sì, perché mi sono candidata ad aprile 2020.
Quando è arrivato il momento di partire per l’Erasmus, hai avuto dei ripensamenti dovuti alla pandemia?
Tanti. Il mio timore più grande era di trascorrere quattro mesi barricata nella mia stanza, senza la possibilità di vivermi l’esperienza a pieno o seguire i corsi in presenza. Poi ho cominciato a ripetere a me stessa “Se non parti, non saprai mai ciò che ti aspetta”. Dal mio punto di vista, è sempre meglio buttarsi, altrimenti si rischia di vivere con un rimorso costante.
Hai deciso di partire comunque, sei contenta di aver preso questa decisione o se tornassi indietro rimarresti in Italia?
“Contenta” è riduttivo. Sto vivendo i mesi più intensi e belli della mia vita, ho conosciuto persone meravigliose e lati del mio carattere che nemmeno sapevo esistessero. Perciò, se si potesse tornare indietro partirei ancora, e con ancora più entusiasmo!
In Francia il virus continua a circolare, tanto che il presidente Macron ha anticipato, in alcuni dipartimenti, il coprifuoco dalle 20 alle 18. Fortunatamente la città in cui mi trovo, Amiens, e il dipartimento intero, la Somme, rispetto ad altre zone sono state risparmiate. Ci sono sempre stati pochi casi, tanto che, fino a qualche giorno fa, il centro città era invaso dalle persone e dai mercatini di Natale. In sostanza, quindi, la situazione generale è piuttosto critica, ma ho la fortuna di trovarmi in un’isola felice. Ho sicuramente vissuto più normalmente qui di come avrei vissuto se fossi rimasta in Italia.
Quali regole bisogna rispettare per potersi muovere?
Prima che venisse introdotto il coprifuoco, era necessario compilare un’autocertificazione prima di uscire di casa, e ci si poteva spostare solo per motivi comprovati. Ora, invece, occorre semplicemente rispettare il coprifuoco e avere sempre la mascherina indosso, sia all’aperto che al chiuso.
Erasmus in Francia ai tempi della pandemia: le lezioni sono in presenza?
Purtroppo, no. Ho avuto la possibilità di seguirle in presenza durante il primo mese di Erasmus, ma in seguito le ho sempre dovute seguire a distanza. Fortunatamente, vivo in una residenza e ho potuto seguire le lezioni in compagnia dei miei amici, quindi non è stato poi così male.
Il mio caso è particolare, perché il primo mese l’ho vissuto senza troppe restrizioni: i locali erano aperti, ho visitato tutti i luoghi più importanti della città e ho fatto un viaggio di tre giorni durante il quale ho visitato diverse cittadine del nord.
Di sicuro, l’Erasmus ai tempi del Covid-19 non è l’Erasmus a cui siamo sempre stati abituati, ma la sostanza non cambia poi così tanto. Come ho accennato sopra, vivo in una residenza universitaria, e questo mi ha permesso di conoscere tutti gli altri studenti Erasmus. Di conseguenza, mi sono totalmente immersa in culture diverse dalla mia: spagnola, tedesca, marocchina, djiboutiana, sudamericana, e soprattutto francese. Abbiamo inoltre sempre trovato un modo per divertirci nonostante in seguito la situazione sia peggiorata.
L’unico aspetto a essere stato un po’ penalizzato è quello delle competenze linguistiche; ho notato un grande miglioramento delle mie capacità orali e scritte, in tre mesi sono riuscita ad abbattere quel muro che, fino a prima di partire, m’impediva di esprimermi con scioltezza e sicurezza. Tuttavia, ho ancora delle défaillances, perché tra studenti Erasmus si tende sempre a preferire l’inglese, e di amici francesi ne ho pochi. Senza Covid, avrei potuto interfacciarmi con più persone del luogo e parlare più spesso in francese.
Cosa raccomanderesti a chi deve ancora partire per l’Erasmus?
Raccomanderei di non pensare troppo e di fare questa piccola pazzia. Potrebbe essere l’unica occasione per partire in Erasmus. Partite, riempite il bagaglio di mascherine e igienizzante e mettete da parte la paura. E se dovete scegliere tra un appartamento o una residenza, vi consiglio quest’ultima perché, nonostante non sia il massimo per certi aspetti, in casi come questi è una benedizione viverci. Non sarete mai soli.