Oggi per la mia rubrica Vivere all’estero abbiamo come ospite Claudia di Trottole in Viaggio che ci racconta il suo tirocinio a Rosario, Argentina. Ma cosa spinge una ragazza come Claudia a fare un’esperienza così lontana da casa? Sicuramente la voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto l’istinto che da sempre guida Claudia nelle scelte più importanti della sua vita e l’ha portata a viaggiare prima in Spagna e poi a fare un tirocinio in Argentina. Ovviamente come nelle altre interviste che abbiamo letto, non sono state tutte rose e fiori. Le difficoltà nel vivere all’estero ci sono e sono più o meno comuni, ma per Claudia e per le altre viaggiatrici da me intervistate, così come lo è stato per le mie esperienze all’estero, i pro superano di gran lunga i contro.
Quanto tempo sei stata all’estero? Hai fatto un’esperienza di studio o lavoro?
Tra il 2012-13 ho vissuto dieci mesi a Madrid per una borsa Erasmus studio e come si suol dire: “la prima volta non si scorda mai!”. Per me Madrid sarà sempre una seconda casa. Subito dopo la laurea nel 2016 (e con subito dopo intendo 5 giorni!) ho iniziato un Erasmus Traineeship sempre in Spagna. Si trattava di un tirocinio di tre mesi che ho svolto nell’Universidad de Arquitectura di Alicante. Proprio qua ho avuto modo di lavorare e vivere insieme ad Ilaria, amica e compagna di blog e viaggi. Infine, nel 2017 sono partita per un tirocinio lavorativo di sei mesi in Argentina. Attraverso un programma simile all’Erasmus Traineeship, sono stata selezionata per questa esperienza lavorativa come direttore tecnico di cantiere. Così mi sono ritrovata dall’altro capo del mondo, a Rosario.
Cosa ti ha spinto a partecipare alla selezione per un tirocinio in Argentina?
Fin da piccola mi frullava in testa l’idea di voler vivere per un periodo all’estero ed ho iniziato proprio con l’Erasmus. Qualcuno dica sia nel DNA, qualcuno invece un’indole. Io credo semplicemente che sia qualcosa che senti. Senti e parti senza un vero e proprio perché. Molte delle scelte più importanti in vita mia le ho fatte seguendo l’istinto. Se si pensa troppo molte decisioni non si prendono mai bloccati magari da paure, incertezze. In fondo si sa cosa si ha, ma non cosa si trova. Per quanto riguarda la scelta specifica del tirocinio in Argentina, presso un’azienda costruttrice è dovuta sia ad un debole che ho per i Paesi latini sia alla tipologia di lavoro che sarei andata a fare. Difficilmente in Italia si dà un’opportunità così ad una neolaureata.
Qual è stato l’aspetto che ti è piaciuto di più di questa esperienza?
Sicuramente la naturaleza presente. Tanti luoghi praticamente incontaminati dove la natura fa (giustamente) da padrone. Spazi enormi, distanze continentali tra una città ed un’altra, cieli di un azzurro tale che sembrano finti (o “da render” come li chiamo io). Paesaggi completamente differenti dai nostri. Vivendo per un lungo periodo in un Paese “straniero”, se così si può poi definire un posto che alla fine senti come casa, hai la possibilità anche di conoscere modi e costumi diversi, ma allo stesso tempo simili al tuo. In Argentina ho avuto modo di imparare ad apprezzare la semplicità. Dei gesti, delle persone, di un asado domenicale. E si, anche la cucina mi è piaciuta. Non sono una particolare amante della carne, ma accidenti ho mangiato più carne lì in sei mesi che nei cinque anni precedenti! Una carne così buona non l’ho più provata. La migliore era proprio quella cucinata “en obra” il venerdì a pranzo su una parrilla (graticola) artigianale creata sul momento con ferri di cantiere saldati tra loro e mattoni.
Durante il tuo tirocinio in Argentina, hai avuto modo di viaggiare. Raccontami qualche viaggio particolare che hai fatto…
Due sono i viaggi che più mi sono rimasti nel cuore durante la mia permanenza in Argentina. Il primo si trova a confine tra Argentina, Brasile e Paraguay. Sono le Cataratas de Iguazù, una delle Sette Meraviglie al Mondo. Sono letteralmente da mozzare il fiato. Si rimane senza parole di fronte alla maestosità e alla forza della natura. Dal lato argentino sono così immense che si scoprono a poco a poco, passo dopo passo. Si ha proprio l’impressione che non finiscano mai.
Il secondo viaggio che mi ha colpito è stato l’Uruguay e in particolare Cabo Polonio. Un paesino sull’oceano di pescatori ed hippy che ho definito “a lume di candela”, in quanto non è collegato alla linea elettrica nazionale. Le uniche fonti energetiche derivano da piccoli impianti fotovoltaici ed eolici, ma che non sono sufficienti per coprire il fabbisogno energetico dell’illuminazione notturna e quindi di notte il paesino si riempie di candele e torce. Isolato dal mondo, un posto dove il tempo sembra essersi fermato e dove i ritmi sono lenti e dettati esclusivamente dal sole. Niente wi-fi, niente automobili, niente acqua calda, niente pos o sportelli bancomat. Per soggiornare qualche giorno a Cabo Polonio bisogna rinunciare ad alcuni comodità, ma ci si riappropria del tempo. Non mi è mai capitato di trovare un luogo più adatto per staccare la spina dalla solita routine. Due sono le cose che davvero ti levano il fiato a Cabo Polonio: il tramonto e le stelle. Non so per quale strana combinazione di luce ed atmosfera, ma non ho mai visto tramonti con colori così intensi e brillanti. E una volta che cala la notte si manifesta un vero e proprio spettacolo. Avvolti nel buio e nel silenzio totale, rotto al massimo dall’infrangersi delle onde o dal vento, poter ammirare la volta celeste senza nessun inquinamento luminoso, non è qualcosa da tutti i giorni. Cabo Polonio è un luogo speciale e magnetico, quasi ipnotico.
Hai incontrato delle difficoltà nel vivere all’estero, e nello specifico in Argentina? Se sì, quali?
Ogni volta che si inizia un nuovo percorso si trovano delle difficoltà e vivere in Argentina non è stato da meno. La nostalgia di casa e dei propri affetti si è sentita molto più rispetto alle altre volte, ma proprio in questi momenti difficili troviamo forze che non pensavamo di avere. Inoltre, dicevo sempre di “vivere la vita di mia nonna” in quanto molte delle comodità come il riscaldamento non c’erano. Proprio allora la fantasia e l’inventiva dovevano entrare in gioco per trovare una soluzione alternativa. Inoltre, le grandi metropoli sudamericane possono essere molto pericolose e Rosario non è da meno. Ma la cosa che più mi ha colpito sono le diseguaglianze sociali presenti: si poteva vedere l’ultimo modello di iPhone presente in circolazione e dopo poco un carretto trainato da cavalli che girava per strada. Spesso ho sentito Argentini riferirsi all’Europa definendola come “il primo mondo” e il loro Paese come “il terzo mondo”. Inizialmente non riuscivo a comprendere bene a cosa si riferissero, solo vivendoci e lavorando in zone periferiche ho compreso poi quanto fosse vero. Si sa che un conto è sentirne parlare, un conto vedere con i propri occhi.
Quali competenze hai acquisito a livello personale e/o professionale durante il tuo tirocinio in Argentina?
Professionalmente ho avuto modo di “sporcarmi le mani” in prima persona stando nove ore al giorno in cantiere. Credo che l’esperienza di cantiere sia fondamentale per un ingegnere alle prime armi come era la sottoscritta. Proprio questa breve esperienza di cantiere è stata fondamentale per trovare il lavoro che attualmente svolgo in Italia.
Ma la crescita maggiore è stata senz’altro quella personale. Nessuna altra esperienza precedente mi ha aiutato a crescere come questa. Ho imparato per la prima volta a stare sola e conoscere me stessa nel profondo. Ho trovato un mio equilibrio. Sono riuscita a comprendere cosa fosse davvero importante nella mia vita e cosa no. Ho capito quanto fossero importanti la mia famiglia e i miei amici, che un conto è vivere a qualche centinaio di km di distanza, un conto ad oltre 11.000. Un conto poter tornare quelle due volte all’anno a casa, un conto una volta all’anno (se si è fortunati, altrimenti chissà ogni quanto). Ho capito che a casa avevo delle responsabilità che non potevo trascurare. Ho capito che per quanto sarebbe stato più facile far carriera laggiù, il gioco non valeva comunque la candela. O almeno non per me. E che se non avessi provato ora a crearne una più vicino a casa, Italia o Europa che sia, poi sarebbe stato ancora più complicato.
Quali raccomandazioni daresti a chi volesse intraprendere questo percorso?
Di seguire il proprio istinto. Di non lasciarsi bloccare dai dubbi, perché molti di quelli rimarranno sempre senza risposta. L’unico modo è partire e vedere con i propri occhi. Sentirlo sulla propria pelle. Il che non vuol dire di non informarsi bene prima e di non riflettere sulla scelta da prendere. Solo mettendoci in gioco possiamo scoprire se siamo in grado o meno di poter affrontare questa sfida con noi stessi. Scatta qualcosa, escono fuori forze in noi che magari non pensavamo di avere. Consiglio di partire perché nulla di quello che si può leggere sui libri o su internet, nessuna foto, nessun video o film ti può dare lo stesso che “vivere” quel Paese. Partire per poter conoscere i propri limiti e punti di forza. Partire perché si aprono nuovi orizzonti e nuove possibilità. Partire per poter conoscere il mondo. Partire per apprendere il meglio del Paese dove andremo. Partire per “aprire gli occhi” e cambiare il modo in cui guardiamo gli altri e il mondo attorno a noi.
C’è qualcos’altro che vorresti raccontare di questa esperienza?
Essendoci passata più volte, pensavo ingenuamente di “saper vivere” all’estero, di sapermi muovere e rapportarmi con le persone. Di saper gestire la nostalgia di casa. Ma non era così. L’esperienza di lavoro in Argentina non è stata semplice, anzi tutt’altro. Fin troppe volte ho avuto quel nodo alla gola e la voglia di piangere e tornare a casa. Ma lo rifarei proprio perché quello che ho avuto in cambio vale sicuramente le difficoltà incontrate lungo il percorso.
Potete leggere tutte le avventure di Claudia sul suo blog Trottole in viaggio, andate a farle un saluto, ne sarà felice!