Ilaria, dopo la laurea triennale è partita alla volta del Giappone per capire cosa fare della sua vita. Un’esperienza all’estero può servire anche per fare chiarezza. È un periodo in cui, mettendosi alla prova in un contesto culturale diverso dal proprio, si capiscono le proprie attitudini, i propri limiti, le proprie passioni. E se il Paese che si sceglie è a mille miglia di distanza, fisicamente e culturalmente, la sfida con sé stessi è ancora più grande.

Ilaria è partita alla volta del Giappone dove ha trascorso circa 18 mesi per un’esperienza di studio ma ha anche lavorato part-time nel periodo che ha trascorso lì. Il bello è che ha fatto tutto da sé. Dopo la triennale, ha cercato autonomamente una scuola di lingua privata che le sponsorizzasse il visto studentesco e ha organizzato tutto da sola. Ci vuole tanta iniziativa ma anche tanto coraggio per partire alla volta del Sol Levante, un Paese così diverso dall’Italia ma dove Ilaria ha imparato moltissimo.

Giappone_ciliegi in fiore

Cosa ti ha spinto a partire alla volta del Giappone e fare quest’esperienza?

Le ragioni sono molte. In realtà, credo che la ragione principale sia stata dettata dal non avere ben chiaro cosa avrei voluto fare della mia vita. Alla fine della triennale, prima di partire, sapevo solamente che avrei voluto approfondire il giapponese, di cui avevo una conoscenza pressoché scolastica e per nulla fluente. Quindi, spinta dalla voglia di cambiare aria e ampliare i miei orizzonti (e capire che cosa avrei voluto fare “da grande”), oltre alla voglia/necessità di aumentare il livello linguistico, ho deciso di partire da sola alla volta del Sol Levante.

Vista notturna_Giappone

Qual è stato l’aspetto che ti è piaciuto di più?

È difficile selezionarne solo uno. Forse aver conosciuto tantissime persone proveniente da tutti gli angoli del mondo, con storie tutte diverse da raccontare e i legami che si sono creati e che continuano a perdurare anche a distanza di km e anni. Poi, ovviamente, l’aver conosciuto a fondo la cultura di un Paese completamente diverso dal nostro. Tutta l’esperienza in generale mi ha cambiato moltissimo e mi ha fatto crescere.

Alla volta del Giappone_il tempio nella neve

Hai incontrato delle difficoltà? Se sì, quali?

Tantissime. Il Giappone, come tutta l’Asia, è completamente diverso dall’Occidente, in termini di cultura, usanze, società e lingua. L’essere catapultati all’interno di questo “pianeta” e doverci convivere spesso è molto difficile. Ogni giorno è una sfida. Le cose più piccole, come l’andare al supermercato, per dire, e trovarsi davanti verdure od ingredienti strani e mai visti prima, che non si sanno come usare, è davvero sfidante.

Alla volta del Giappone_il cibo

Poi, se devo essere davvero sincera, una delle difficoltà maggiori è l’essere accettati. Il giapponese medio è, ahimè, schivo e “leggermente” razzista nei confronti degli stranieri. Un po’ per paura e timidezza, un po’ per cultura e per motivi storici (il Giappone è stato chiuso all’Occidente fino a circa un centinaio di anni fa), i giapponesi tendono ad escludere tutto ciò che è esterno a loro. Un po’ di volte, sia in situazioni quotidiane che al lavoro, mi è capitato di subire atteggiamenti di questo tipo e un leggero razzismo. Oltre al fatto che è abbastanza difficile farsi degli amici giapponesi “veri”, cioè che non ti sfruttino solo per parlare inglese. Alla lunga è abbastanza alienante.  

Quali competenze hai acquisito a livello personale e/o professionale?

A livello personale sono cambiata radicalmente. Prima di partire ero davvero una persona timida e abbastanza insicura. Essendo in un Paese straniero e da sola, ho dovuto mettere da parte tutte le mie paure e “buttarmi”, altrimenti non sarei sopravvissuta. Anche il mio modo di pensare, ragionare e vedere le cose è cambiato. Ancora adesso i miei amici o colleghi di lavoro mi definiscono “giapponese” per alcuni atteggiamenti che adotto inconsciamente. E non saprei se è una cosa positiva o negativa! 

A livello professionale, avendo lavorato solo part-time, non posso dire molto. Solo, ho avuto modo di toccare con mano la mentalità giapponese, davvero diversissima dalla nostra. Per esempio, qui regna il concetto di “cliente al primo posto” (in giapponese si chiama お客様, che potremmo tradurre come “onorevole cliente”): tutto ruota intorno a lui e ai suoi bisogni e tutti sono pronti a farsi in quattro per renderlo soddisfatto ed offrirgli un servizio di qualità.

Quali raccomandazioni daresti a chi volesse intraprendere questo percorso?

Se state valutando un’esperienza in Giappone (o in qualsiasi altro Paese – asiatico- lontano dalla cultura occidentale), sicuramente consiglierei di studiare a fondo la cultura e la lingua prima di partire. Lo shock culturale può essere estremo e le probabilità di non farcela sono molte. Suggerirei di trascorrere almeno un periodo (con visto turistico) per tastare con mano il Giappone “vero”, immergendosi il più possibile nella cultura e vedere se davvero è una realtà che può piacere.

Tramonto sul mare_alla volta del Giappone

C’è qualcos’altro che vorresti raccontare di questa esperienza?

In generale credo che sia stata un’esperienza fondamentale e, anzi, la raccomando caldamente a tutti. Partite, andate e scoprite! Per sei mesi, un anno, due anni… non importa! Un’esperienza così vi cambierà profondamente e vi aprirà la mente!

Se siete curiosi di saperne di più su Ilaria e sui suoi viaggi, li racconta in ben tre lingue, italiano, inglese e giapponese sul suo blog: Acchi Kocchi. Andate a dirle ciao, vi aspetta!